Il ”marketing dell’interruzione” basato sui media classici – come l’advertising – mostra i propri limiti. Continuare a farlo è doveroso: tutti se lo aspettano. Ma non più sufficiente. Come i consumatori anche i buyers alzano barriere di
difesa ed affermano il proprio ruolo di decision makers a tutto tondo: a loro la scelta di dove e quando incontrare nuovi fornitori.
Ma se la montagna non viene a Maometto, Maometto va alla montagna. La nuova regola si chiama inbound marketing (o “marketing del permesso”) ed invita le aziende a muoversi per essere nel posto giusto, al momento giusto. Se ciò avviene, la strada è (quasi) spianata. Perché se è il buyer a chiedere, ogni proposta diventa improvvisamente una risposta. Per riuscirci è bene analizzare i loro comportamenti al manifestarsi del bisogno. Importanti studi del settore rivelano che i mercati B2B sono molto simili a quelli B2C. La ricerca ha nel mirino case history, aggiornamenti di settore e contenuti informativi, che reperiscono attraverso gruppi d’interesse sui social professionali, newsletter di settore e Google.

I motori di ricerca, in particolare, sono al primo posto tra i luoghi in cui le aziende vogliono essere al momento giusto. Lo hanno affermato il 59% degli intervistati di uno studio condotto da WBR Digital (2014 State of B2B Marketing Benchmark Report). Avere contenuti costantemente “ottimizzati” in base agli ultimi algoritmi oppure investire un budget per campagne di annunci tra i risultati di ricerca è dunque un nuovo imperativo. Non tutti i settori B2b, forse, funzionano così. Ma è frequente trovare imprese che, grazie all’inbound marketing, hanno scoperto nuovi mercati su cui mai avrebbero investito. Un test non si nega a nessuno. Perché anche le più ferree convinzioni possono morire.