C'erano una volta le app native. Applicazioni sviluppate ad hoc per un dispositivo ed un sistema operativo che rappresentavano l’unica risposta a chi chiedeva di raggiungere il proprio target in mobilità. Oggi il panorama è un po’ cambiato.
L’evoluzione della tecnologia e la diffusione della connessione wi-fi ha portato alla nascita di una nuova generazione di strumenti: le web app. Non risiedono fisicamente nei singoli dispositivi (quindi non occupano memoria!), sono raggiungibili attraverso un browser e un collegamento ad internet, sono compatibili con qualunque sistema operativo e possono essere aggiornate in ogni momento. La soluzione perfetta? No, ma un compromesso ideale sì. A differenza delle app native, le web app non possono essere completamente fruibili in assenza di connessione, ma sfruttando la cache dei dispositivi qualche funzionalità senza rete si può comunque alimentare. E non è tutto.

In uno scenario in cui i confini (tecnici e non solo) tra un strumento e l’altro sono sempre meno marcati, accanto alle web app sono arrivati i responsive web site. Tutta colpa del “Mobilegeddon” dello scorso anno. Google ha attivato un nuovo algoritmo che ordina i risultati delle ricerche sulla base della loro compatibilità con una navigazione in mobilità. Siti internet che hanno ignorato sino ad oggi questo fattore stanno quindi per essere “penalizzati” nei posizionamenti, a discapito della loro visibilità presso una fascia d’utenti sempre più importante. Ecco allora tutti correre ai ripari: la tecnologia ha dato vita ad una nuova forma di web design, per cui le pagine dei siti si adattano automaticamente a seconda dell’ambiente di visualizzazione, riducendo al minimo la necessità di ridimensionamento e scorrimento orizzontale anche sui device mobili. Uno strumento solo per essere contemporaneamente su PC, tablet e smartphone.
Perché al di là di ogni tecnicismo, l’importante è esserci. (S.S.)